Saluto prima della Benedizione finale
“Il vivente, il vivente ti rende grazie, Signore, come io faccio quest’oggi!”. Le parole contenute nel Libro del profeta Isaia – oltre a motivare ulteriormente il motto episcopale che ho scelto: La gloria di Dio è l’uomo vivente, mi aiutano in questo momento, insieme a tutti voi, a cantare e a gioire “nel tempio del Signore”, come si legge ancora nello stesso Libro.
Stiamo vivendo una bella esperienza ecclesiale, e qui, in questa Concattedrale, si ritrova una porzione di Chiesa a cui non manca nulla per essere quella che il Signore desidera: Chiesa di popolo, intanto, Chiesa di battezzati, Chiesa arricchita dai doni dello Spirito e diversificata nei suoi ministeri. Chiesa che celebra la presenza del Signore Gesù, che riceve la Parola e il Pane per il suo cammino. Chiesa di comunione, perché tale si sente e vuole essere; in comunione con il Papa, servo dei servi di Dio e, come Vescovo di Roma, segno dell’unità della Chiesa universale.
Grazie papa Francesco per avermi voluto chiamare ad entrare nel Collegio che prosegue l’impegno dei primi apostoli e grazie in anticipo agli arcivescovi e vescovi della Sardegna e al presidente Mons. Arrigo Miglio con i quali sono chiamato a collaborare in unità e sintonia a servizio delle nostre Chiese locali.
Chiesa che celebra, dicevo, Chiesa che grazie all’imposizione delle mani e alla preghiera di consacrazione mi ha conferito l’ordinazione episcopale.
Un particolare ringraziamento anche a nome vostro a chi presiede la nostra celebrazione, Mons. Angelo Becciu: sono contento che sia lui il mio primo consacrante, prima di tutto perché come sardo lo sento vicino e sensibile a tutto ciò che siamo e viviamo e poi perché siamo orgogliosi del suo delicato e importante compito vicino al Papa; a lei, Vescovo Angelo, diciamo di comunicare al Papa che gli vogliamo tanto bene!
Grazie a questa Chiesa locale di Alghero-Bosa, la Chiesa che mi ha generato alla fede e nella quale, quasi 35 anni fa sono diventato presbitero. Grazie al suo Vescovo Mauro Maria, che il 3 aprile di tre anni fa ricevette l’ordinazione episcopale; partecipai alla sua ordinazione in modo attivo e in questi giorni mi ritornava tutto in mente, ma ogni tanto dovevi dirmi: guarda che questa volta riguarda te! Grazie vescovo Mauro per la fiducia e la collaborazione di questi anni, e anche per il sostegno affettuoso e concreto di questo periodo, svolto a nome di una Chiesa diocesana che in tutte le sue componenti, da quella presbiterale – che ringrazio per il dono del calice, dono che nell’Eucaristia mi farà ricordare la passione che comporta il vostro e mio servizio – a quella religiosa e laicale, componenti che mi hanno aiutato a credere, a crescere e a servire.
La nostra celebrazione è davvero un’immagine di Chiesa che annuncia e che serve: presbiteri, diaconi, religiose e religiosi, ministeri istituiti, seminaristi, famiglie, operatori nella pastorale parrocchiale, battezzati impegnati nel servizio del bene comune sia come civili che come militari; anziani, giovani e ragazzi, persone che hanno il dono della fede e altri che lo cercano con cuore sincero. Vi ringrazio tutti della vostra presenza, compresi quelli che ci seguono all’esterno della chiesa o attraverso Videolina, tra i quali invio un particolare abbraccio ai malati.
Voglio ricordare subito un fondamento che ci educa a lavorare nella Chiesa, qualsiasi compito ciascuno porti avanti; lo ricordo partendo da un dato: ho ricevuto e continuerò a ricevere tanti attestati di amicizia e di fraternità, spesso accompagnati da auguri e congratulazioni, frutto di benevolenza e affetto che mi emozionano e mi incoraggiano. Ma non sono io, non posso essere io al centro di tutto questo. Nulla mi deve far dimenticare che sono un inviato da Dio e dalla Chiesa per una missione che vale quanto più in essa è presente Gesù. Non dimenticherò le sue parole: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Non basteranno le mie presunte capacità, le risorse di ogni genere e le fatiche conseguenti, se non vivrò con Lui e per Lui, cercando di essere un pastore che partecipa all’unica missione che il Figlio ha ricevuto dal suo e nostro Padre.
Qual è l’immagine che accompagnerà il mio ministero? Non invento nulla se dico che è quella del “pastore bello e buono” (Gv 10,11), immagine che campeggia nel mio stemma anche a costo di stravolgere le regole dell’araldica. Il pastore che dà la vita per i suoi fratelli, che conosce i cristiani del suo gregge, che cammina davanti alla comunità e le fornisce il cibo necessario. Un servo della comunione che cammina con il suo popolo, e che impara a guidarlo quanto più impara a servirlo. Un pastore guidato dallo Spirito santo, al quale sa abbandonarsi mediante l’ascolto e l’obbedienza alla Parola di vita.
Alla Chiesa d’Ogliastra dico che la fedeltà al Vangelo è il fondamento del mio celebrare, evangelizzare e presiedere. Per questo voglio sentirmi sempre e ovunque discepolo dell’unico Maestro, Gesù Cristo.
Sento rivolte a me le parole di san Paolo quando, nel racconto degli Atti degli Apostoli, salutando i suoi collaboratori dice loro: “Io vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia”. E’ bellissimo che prima ancora di essere portatori della Parola, noi ci sentiamo portati dalla Parola di Dio!
A tutti voi dico: se oggi volete farmi un augurio ditemi: Affidati alla Parola! Perché ne diventi ogni giorno più assiduo; un’assiduità fatta di ascolto, di meditazione, di esperienza quotidiana che mi permetta di fare mio il pensiero di Cristo.
Chiedo a Dio di donarmi “un cuore che ascolta” (1Re 3,9); un cuore che ascolta Lui ma anche un cuore per l’ascolto delle persone. Ascoltando Dio potrò ricordare davanti a lui le sorelle e i fratelli affidati a me, per invocare su di loro “grazia su grazia” (Gv 1,16) e quella misericordia di cui hanno bisogno.
Ma certo non potrò essere servo della comunione nella comunità diocesana dell’Ogliastra se non esercitandomi costantemente nell’arte della comunione nel presbiterio. So bene che i presbiteri devono trovare nel loro vescovo un padre, almeno un fratello maggiore, un persona leale, per vivere con lui una bella e generosa sollecitudine apostolica, insieme alle consolazioni del ministero. Prometto a voi, cari presbiteri di Lanusei, che questo sarà mia cura non dimenticarlo mai.
Così come prometto di essere attento a ogni voce sociale e culturale che ricerca sinceramente la verità e che si impegna per la vita delle persone, che, se anche non pronuncia con facilità il nome di Dio, lo manifesta con la trasparenza della sua persona.
Una grande nota di tristezza entra però stasera violentemente nella nostra celebrazione: l’attentato omicida di stamani a Lanusei ci conferma quanto dobbiamo lavorare per la pace e il perdono.
Permettetemi ora di benedire Dio, ringraziando per quello che sono diventato grazie a persone ed avvenimenti.
Benedico Dio per i miei genitori; persone che hanno fatto della semplicità una ricchezza. Vorrei avere sempre con me la discrezione di mio padre – che certamente si manifesterà anche in cielo – e la forza di volontà e d’azione di mia madre. Con mia sorella e con la sua famiglia questo abbiamo conosciuto e a questo spesso ritorno nella preghiera e nella lode. Leggo ora come una benedizione la povertà materiale che abbiamo vissuto talvolta in casa, il dono di indimenticabili nonni e nonne, i familiari e i parenti: con alcuni di essi c’è un’affinità che va al di là del sangue.
Benedico Dio per il mio paese, Bortigali, dove ho vissuto fino ai 21 anni: continua ad essere un felice approdo di memoria, di incontri e di percorsi. Lì ho imparato a credere e a vivere, lì mi sono impegnato e divertito; nel mio paese ho capito che la vocazione presbiterale non era casuale, ma frutto di un cammino, soprattutto accanto ai giovani e ragazzi con i quali sono cresciuto in parrocchia, diventandone animatore.
Oggi ancor di più mi sento benedetto da Dio per il dono dell’amicizia di tante persone: continuo ad averne bisogno come il pane. Diversi di loro mi hanno preceduto nell’incontro finale con Dio: ora è come se li veda affacciarsi sulla nostra celebrazione, sorridenti o preoccupati, chissà! Che mi stiano vicino da lassù!
Sono diventato presbitero grazie a molte testimonianze, non solo sacerdotali. Certo don Gino è stato decisivo, una guida, un prete esemplare. Poi tanti sacerdoti che sono diventati punti di riferimento, alcuni dei quali bortigalesi, altri incontrati nelle parrocchie, nei seminari, negli istituti scolastici o all’Università salesiana a Roma, dove ho studiato teologia – e oggi ritrovo con gioia docenti e compagni di studio di allora – Università dove sono cresciuto anche grazie a una vita di oratorio arricchente. Molto della mia vita l’ho passata nei seminari e alcuni ragazzi e giovani li ho visti crescere e diventare presbiteri: si tratta di una delle esperienze più affascinanti del mio cammino. Con tutti voi prego per i seminaristi del Regionale e per chi è chiamato oggi a formarli: il nostro futuro ecclesiale passa dalla loro maturità.
Ho incontrato Vescovi che mi hanno guidato e con i quali ho collaborato attivamente, due di essi godono della gioia dell’incontro definitivo con Dio: Francesco Spanedda e Giovanni Pes; gli altri sono felice che oggi mi accompagnino: Antonio Vacca, che tra gli altri compiti mi scelse in particolare come Rettore del Seminario e Giacomo Lanzetti che mi volle suo Pro Vicario. A Mons. Mario Toso devo un grazie non solo per la sua presenza, ma anche per la cordialità affettuosa che mi ha dimostrato nei periodi di servizio – da missionario! – passati a Bortigali. Mons. Mathieu viene dal Gabon, ma è sardo nel cuore, a lui devo una bellissima esperienza nel suo paese di origine e un’amicizia da allora costante. Con tutti i Vescovi presenti ho avuto la possibilità di collaborare in diversi frangenti o iniziative, ma certo con Mons. Pietro Meloni ho vissuto esperienze fortemente significative, collaborando nel Centro Regionale Vocazioni e nel Coordinamento per il progetto culturale in Sardegna. Grazie per l’affetto con il quale mi è stato vicino. Ultimamente ho parlato spesso con Mons. Antioco Piseddu che per quasi trentatre anni ha guidato la diocesi di Lanusei; sono grato a lui per la delicata attenzione che mi dimostra e per l’incoraggiamento che non mi sta facendo mancare.
Benedico il Signore anche per quelle esperienze che mi hanno offerto l’opportunità di comprendere quanto sia importante la valorizzazione delle religiose e dei laici, con le suore cito in particolare l’esperienza con le Figlie di san Giuseppe di Genoni nel Seminario di Bosa e con i laici il cammino della scuola dei ministeri diocesana.
Confesso che il mondo della comunicazione e della cultura, specificatamente del giornalismo e del progetto culturale mi hanno spesso sedotto e conquistato; voglio salutare e ringraziare tanti amici qui presenti, alcuni dei quali ho conosciuto a livello nazionale e con i quali ho imparato a condividere idee e progetti.
Benedico Dio per le comunità dove ho svolto il mio ministero. Ciascuna di esse è uno scrigno che mi ha donato e conserva volti ed esperienze indimenticabili: San Francesco in Macomer, San Leonardo in Villanova Monteleone, Natività di Maria in Santa Maria La Palma e SS. Nome di Gesù in Alghero. Quest’ultima continuerà ad essere la mia comunità fino all’ingresso a Lanusei e sono felice di vivere con loro una Pasqua davvero speciale!
La nostra celebrazione si svolge in questa città di Bosa che mi ha accolto per quasi vent’anni. Molti si sono chiesti perché fare qui la celebrazione; certo sono state valutate tante cose ma dico ai bosani, a tutta la comunità civile – rappresentata dal sindaco che ringrazio – e alle comunità della Concattedrale come del S. Cuore che a Bosa mi sento a casa! Ho ammirato quello che avete fatto per me in questo tempo, guidati dal mio amico e parroco don Franco; Dio benedica non solo il vostro impegno ma anche ogni desiderio di bene che avete nel cuore. Infine un grande grazie a chi ha svolto il servizio liturgico e alla Corale di Scano Montiferro che ha animato con il canto la nostra celebrazione.
Oggi è il giorno di Maria, la donna che di fronte all’annuncio dell’Angelo ha detto di sì a Dio e al suo progetto. Siamo qui anche grazie alla sua disponibilità.
Chiedo a Dio che ogni nostro sì – il mio di oggi! – sia frutto come in Maria dell’ascolto autentico della Parola di suo Figlio. Vi abbraccio tutti!