Sabato 18 novembre, dalle ore 15.30 in Seminario, nuovo incontro della Scuola di teologia diocesana sul tema: “Come imparare a pregare con la Bibbia”. Ospite e guida il Priore Generale dei monaci camaldolesi, Dom Alessandro Barban. L’incontro è aperto a tutti.
Il monastero di Camaldoli
L’Eremo, isolato in mezzo a una foresta, appena sotto la cima degli Appennini, ha costituito l’habitat naturale nel quale i camaldolesi hanno iniziato la loro avventura e che non hanno mai abbandonato anche dopo essersi irradiati nelle città.
La vita della comunità monastica condotta in questo luogo carico di storia e relativamente isolato può sorprendere. Questo non deve far pensare che i monaci vogliano vivere come testimoni di un’epoca passata e in una maniera incantata secondo un immaginario anche troppo diffuso. Si tratta invece di un gruppo di uomini che vivono la sequela del Vangelo inseriti nella cultura del loro tempo e che si confrontano con tutti gli aspetti e i valori della realtà contemporanea.
L’eremo camaldolese si colloca tra il modo di vivere cenobitico e quello anacoretico, ne ritiene gli elementi migliori e crea un saggio equilibrio di solitudine e di vita comune. I monaci, nella sincera ricerca di Dio, riservano una particolare attenzione all’incontro filiale con Lui che si esprime nella preghiera, vissuta secondo la tradizione dei Padri.
La carità che unisce i fratelli in unica famiglia, il mistero di Cristo celebrato e vissuto in coerenza di vita, la Parola di Dio ascoltata e meditata ogni giorno, il colloquio orante che li unisce al Padre nell’ascesi e nella gioia dello Spirito, fanno della comunità monastica una proclamazione della presenza del Cristo nella Chiesa e dell’attesa del Regno dei cieli.
La forma più tradizionale di presenza dei monaci nel mondo è l’ospitalità che, secondo la Regola, tende non solo ad offrire sollievo materiale a coloro che visitano la comunità, ma anche a offrire sostegno spirituale nella comunione di vita e nell’incontro con la Parola di Dio.
La vita della comunità monastica condotta in questo luogo carico di storia e relativamente isolato può sorprendere. Questo non deve far pensare che i monaci vogliano vivere come testimoni di un’epoca passata e in una maniera incantata secondo un immaginario anche troppo diffuso. Si tratta invece di un gruppo di uomini che vivono la sequela del Vangelo inseriti nella cultura del loro tempo e che si confrontano con tutti gli aspetti e i valori della realtà contemporanea.
L’eremo camaldolese si colloca tra il modo di vivere cenobitico e quello anacoretico, ne ritiene gli elementi migliori e crea un saggio equilibrio di solitudine e di vita comune. I monaci, nella sincera ricerca di Dio, riservano una particolare attenzione all’incontro filiale con Lui che si esprime nella preghiera, vissuta secondo la tradizione dei Padri.
La carità che unisce i fratelli in unica famiglia, il mistero di Cristo celebrato e vissuto in coerenza di vita, la Parola di Dio ascoltata e meditata ogni giorno, il colloquio orante che li unisce al Padre nell’ascesi e nella gioia dello Spirito, fanno della comunità monastica una proclamazione della presenza del Cristo nella Chiesa e dell’attesa del Regno dei cieli.
La forma più tradizionale di presenza dei monaci nel mondo è l’ospitalità che, secondo la Regola, tende non solo ad offrire sollievo materiale a coloro che visitano la comunità, ma anche a offrire sostegno spirituale nella comunione di vita e nell’incontro con la Parola di Dio.