In seguito alla Giornata dei giovani ad Arzana, svoltasi sabato 8 aprile, pubblichiamo uno dei testi che hanno aiutato la riflessione dei giovani (ma anche degli adulti). Si tratta di un brano tratto dalla Lettera pastorale del vescovo Antonello, consegnata alla Diocesi al termine della S.Messa del Crisma.
Giovani da ascoltare… e che si fanno ascoltare!
«Effonderò su ogni persona il mio Spirito: diverranno profeti i vostri figli e figlie, i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gioele 3,1-2).
Forse al mondo giovanile non crediamo abbastanza come portatore di visioni profetiche. “I sogni e le visioni” dei giovani sembrano interessare poco alle comunità, anche perché il loro “mondo” viene guardato più in prospettiva – “aspettiamo che diventino adulti!” – che per quello che rappresentano e possono offrire nel presente. Non si tratta quindi semplicemente di prendersi cura di loro, ma di cambiare prospettiva: se fossimo noi che abbiamo bisogno dei giovani, bisogno di capire, di essere accompagnati e di essere attenti al loro mondo? Questo non esclude chiaramente la necessità di accompagnarli, ma pone condizioni diverse per costruire un reciproco sguardo costruttivo.
Il Papa nella bella lettera di accompagnamento al documento preparatorio del prossimo Sinodo ricorda un passaggio della Regola di San Benedetto: l’abate ascolti il più giovane, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore». Come sarebbe importante questa indicazione anche nelle nostre parrocchie!
Ascoltare davvero i giovani, senza pensare (e dire): «Parla pure, tanto ho già in mente quale sia il tuo bene». Ascoltare per mettersi in discussione, tutti. Cambiare concretamente, pensando a loro, itinerari e scelte nella pastorale, come ad esempio gli orari (anche delle Messe!), l’uso delle strutture, la scelta delle proposte da portare avanti.
Una Chiesa che si pone seriamente il tema della “pastorale giovanile e vocazionale” deve accettare di entrare nella categoria dello “spreco”, meglio dell’“eccesso”. Accettare di mettere i migliori adulti, laici o sacerdoti a lavorare nel campo, “sprecando” risorse umane, come avviene o dovrebbe avvenire nei seminari. I più formati, i più motivati, i più appassionati. Ci salverà la capacità di entrare in relazione con i giovani, facendo scelte opportune. Non più ad esempio sulla linea del tipo: un adulto per venti ragazzi, ma magari uno ogni cinque. Sprecando tempo per un ascolto vero e non parzializzato e quindi insufficiente, se non inutile.
E oltre che risorse umane, in questa progettualità bisogna impegnare anche risorse finanziarie. Perché servono i mezzi economici per tentare qualcosa con i giovani, per i giovani e soprattutto fatto dai giovani. (…) Questo non significa buttare via, ma incarnare un messaggio chiaro: se credo in quello che sei, ti offro anche i mezzi per farlo. Non sei ospite di un luogo, ma sei colui che abita un luogo. E bisogna “sprecare” anche nella formazione: eliminare le diffidenze verso i professionisti dei settori dell’educazione e delle scienze umane e sociali. Sapere come accompagnare la fragilità di alcuni in modo professionale, oltre che con la buona volontà.
La domanda alla fine diventa: come portare Cristo ai giovani che molto spesso hanno smarrito la fede? O meglio: come far loro capire che Cristo c’entra con la loro vita? Cristo è per tutti: bambini, ragazzi, adulti, anziani. Eppure, a volte, sembra che sia soprattutto per i primi e gli ultimi. E non mi sembra un impegno da eludere, cercando anche qui nuove risorse umane e strumenti adatti.
Un desiderio, confesso, si sta imponendo sempre di più e merita di essere verificato dalla realtà. Quello del recupero di oratori non solo parrocchiali – e alcune comunità hanno esperienze in questo senso lodevoli, compreso il “collegio salesiano” a Lanusei – ma interparrocchiali.
Luoghi scelti opportunamente per riunire ragazzi e giovani di diverse comunità, in vista di esperienze di formazione, comprese quelle sportive, meno episodiche o numericamente improponibili. La stessa Lanusei, come Tortolì e qualche altro luogo da identificare, possono diventare “centri” oratoriani diocesani, con persone giovani, preparate e qualificate, e chiaramente con strutture adeguate.
(…) non sprechiamo le occasioni per pensare e progettare con i giovani. E osiamo: facciamo sogni, facciamo visioni. Con loro.
Dalla Lettera pastorale del vescovo Antonello, in uscita il 13 aprile 2017, Giovedì Santo.