Pubblichiamo l’articolo del nostro Vescovo Antonello comparso nel numero di novembre del mensile diocesano L’Ogliastra. Vengono affrontati i temi di un cristianesimo attuale chiamato a superare la tentazione della “comodità”, sia al suo interno che verso la società.
Una trasmissione radiofonica del pomeriggio, in onda su radio1, porta un titolo provocatorio: Restate scomodi. Fa compagnia in auto e non permette di dormire. In tutti i sensi. Tra inchieste, interviste e fatti di cronaca, non fa rimanere “comodi”, ma tiene “svegli”, interpellando e stimolando senza sconti.
Il titolo costituisce una bella metafora per la vita, anche per quella della fede. “Scomodarsi”, soprattutto per un credente, è un programma necessario, alternativo a un altro, quello della “comodità”, tentazione sempre in agguato.
La nostra Chiesa diocesana vuole essere e restare scomoda! Ed è quasi un programma pastorale. E’ importante pensarla e viverla così, qualità quanto mai opportuna al suo interno e sempre più urgente per la realtà che la circonda.
Siamo chiamati a riscoprire infatti la gioia di “scomodarci”, acquisendo in primo luogo nuove capacità di metterci in ascolto di persone e situazioni, e mostrando quella sensibilità umana e cristiana che la parola del Vangelo ci sollecita a mantenere e rafforzare. Una Chiesa accogliente e solidale, abbiamo affermato nell’ultimo convegno, che non si vergogna di essere raggiunta da una Parola, quella di Dio, che ci disturba quando rimaniamo inerti, innocui e indifferenti, mentre ci sorregge e ci sostiene quando ne facciamo una parola di vita e di speranza per il nostro tempo.
Colgo e intercetto nel territorio domande e attese da non deludere. Partono dal desiderio di appartenenza e da un rinnovato coinvolgimento ecclesiale, perché hanno a cuore il presente e il futuro della nostra diocesi. E’ scomodo ad esempio, ma certamente fondamentale, essere (e anche apparire) una Chiesa umile, senza atteggiamenti di superiorità. E non è una banalità, né un dato marginale. Talvolta offriamo un’immagine ecclesiale burocratica e lontana, perfino irraggiungibile. Bisogna invece scegliere gesti e parole che creino condizioni per l’incontro e il dialogo – tutto il contrario di avere l’ansia di scontrarci… – e che permette l’approfondimento della fede e la riflessione sulle problematiche della gente; tutto l’opposto quindi di una Chiesa nella quale si affermi una volontà restrittiva o escludente.
Solo una Chiesa che si scomoda, diventa… scomoda. La libertà della Chiesa di parlare e servire con parole di Dio comporta che non si lasci intimorire da nulla e da nessuno. Mentre una Chiesa accogliente fa spazio ai poveri di vita e di fede, si scomoda per loro, e gioisce con tutti della bellezza del Vangelo, non mancherà comunque chi si sentirà a disagio in questa Chiesa e con questa Chiesa. E menomale!
Per chi è scomoda la Chiesa? Prima di tutto per i cristiani tiepidi e per quelli assuefatti, intaccabili formalmente ma neutri sostanzialmente. Cristiani che credono, ma da annoiati; che hanno fede, ma sono infastiditi dalle scelte che comporta. La Chiesa diviene scomoda anche per tutti coloro che la “amano” ma – dicono – rimanga pure nell’orbita privata delle persone, nelle sacristie, e non s’impicci di giustizia, di pace e di… misericordia. Sono quelli che plaudono alle opere di carità ecclesiali, ma considerano ingerenza ogni parola che richiama valori quali l’accoglienza, il rispetto della vita e la condivisione. E’ quindi positivo che gli “accomodati” si sentano a disagio nelle nostre assemblee domenicali, così come è normale che si sentano “fuori posto” tutti gli arroganti, i prepotenti e i corrotti. Un santo disagio che potrebbe preparare la conversione. Nel nome della scomodità.
+ Antonello Mura