Nel corso della riunione tenutasi a Cagliari nei giorni 23-24 febbraio u.s, presso il Seminario Regionale, la Conferenza Episcopale Regionale al completo, presieduta da Monsignor Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, oltre alle questioni più propriamente inerenti alla Chiesa in Sardegna e ai suoi organismi regionali, in particolare il Seminario Regionale e la Pontificia Facoltà Teologica, ha dedicato ampio tempo e attenzione ad alcune tematiche relative al contesto socio-economico della Sardegna, come già aveva fatto nel recente passato con la Lettera pastorale del marzo 2014.
Comunicato dei Vescovi della Sardegna
Nel corso della riunione tenutasi a Cagliari nei giorni 23-24 febbraio u.s, presso il Seminario Regionale, la Conferenza Episcopale Regionale al completo, presieduta da Monsignor Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, oltre alle questioni più propriamente inerenti alla Chiesa in Sardegna e ai suoi organismi regionali, in particolare il Seminario Regionale e la Pontificia Facoltà Teologica, ha dedicato ampio tempo e attenzione ad alcune tematiche relative al contesto socio-economico della Sardegna, come già aveva fatto nel recente passato con la Lettera pastorale del marzo 2014.
Pur comprendendo le difficoltà dello Stato e della Regione a risolvere i molteplici e gravi problemi che nel tempo si sono andati accumulando, i Vescovi ritengono doveroso far sentire la propria voce su alcune questioni che rendono pesante il presente e denso di ulteriori nubi il futuro del popolo sardo.
Del drammatico problema della disoccupazione e della crescente povertà di fasce sempre più larghe di popolazione si era ampiamente parlato nella su citata Lettera pastorale.
A tale fenomeno si associa il progressivo spopolamento delle zone interne e dei piccoli centri, con l’arretramento dei tradizionali presidi dello Stato, dalle scuole alle caserme, e con l’allontanamento di servizi essenziali. Senza che risulti chiaro all’opinione pubblica quali reali alternative si vogliano mettere in atto per arrestare il fenomeno e invertire il pauroso impoverimento economico e demografico dei piccoli paesi, tale spopolamento rappresenta oltre che un decadimento in termini economici anche una grave frustrazione sul piano psicologico e di speranza per il futuro.
Altro tema caldo appare quello della sanità. Non si conoscono i dettagli delle ipotesi di riforma regionale. I Vescovi sentono tuttavia il bisogno di affermare che accanto alla qualità del servizio nei confronti di tutti e ad un’equa distribuzione delle prestazioni essenziali nei territori, data l’endemica inadeguatezza delle vie di comunicazione interna, occorre grande decisione nell’eliminare gli sprechi e le spese inutili, soprattutto al fine di evitare il più possibile le scomode e dispendiose trasferte nei centri specializzati della Penisola.
Che dire, poi, del triste e diffuso fenomeno degli attentati ai Sindaci e ad altri Amministratori pubblici? Ne è sicuramente causa un degrado morale e culturale generale, ma anche l’isolamento in cui essi spesso vengono lasciati di fronte ai mille problemi che quotidianamente e con esigue risorse debbono affrontare, senza adeguata tutela della loro sicurezza personale e familiare.
Non minore preoccupazione desta la ventilata ipotesi che la Sardegna possa diventare, sul piano nazionale, un deposito di scorie radioattive. Oltre che una servitù insopportabile sotto il profilo ambientale, per la fragilità del sistema geologico e morfologico dell’Isola, sarebbe un colpo mortale alla sua naturale e indispensabile economia agro-pastorale e turistica. La Regione ha già dato tanto in termini di servitù militari, senza averne avuto in cambio concreti ed efficaci riscontri.
Un’ultima considerazione la Conferenza Episcopale ha ritenuto opportuno esprimere sulle scuole paritarie pubbliche, cattoliche e non, che svolgono un importante servizio sociale. Esse, oltre che rappresentare un diritto delle famiglia circa la libera scelte dei percorsi formativi per i figli, costituiscono anche un notevole risparmio di risorse per lo Stato e per la Regione. Se infatti fossero in capo a questi, i costi per l’istruzione pubblica sarebbero di gran lunga maggiori. I Vescovi lamentano il fatto che le scuole paritarie vivono un momento di grande difficoltà: vengono ridotti ogni anno i già scarsi contributi pubblici, e quelli assegnati arrivano con notevole ritardo, ponendo molte di esse nel serio imbarazzo di dover chiudere per l’impossibilità di far fronte alle spese.
+Sebastiano Sanguinetti, segretario CES